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Storia Della Musica Occidentale. Dal Barocco Al...


La civiltà egizia è tra le prime civiltà di cui si hanno testimonianze di espressione musicale. Qui la musica aveva un ruolo molto importante: la leggenda vuole che sia stato il dio Thot a donarla agli uomini; essa era soprattutto legata a Hator, considerata la dea della gioia, della musica e della danza.




Storia della musica occidentale. Dal Barocco al...


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Tra gli strumenti utilizzati dagli Egizi, troviamo i crotali, il sistro, legato ad Hathor, la tromba, utilizzata in guerra e sacra ad Osiride, i tamburi, il liuto ed il flauto, sacro ad Amon. Altro strumento musicale assai presente e caratteristico della civiltà egizia è l'arpa dotata spesso di un'ampia cassa armonica. Nell'antico Egitto, la musica aveva funzioni religiose, veniva infatti utilizzata nelle cerimonie sacre, era presente durante riti di fecondazione, nella celebrazione di funzioni funebri, e ancora in occasione di divertimento e svago.


Presso l'antica Grecia la musica occupava un ruolo di grande rilievo, sia nella vita sociale che nella religione. Per i greci la musica era un'arte che comprendeva, oltre alla musica stessa, anche la poesia, la danza, la medicina e le pratiche magiche. L'importanza della musica nel mondo greco è testimoniata da numerosi miti che la riguardano. Uno è quello di Orfeo, il suo inventore, che riuscì a convincere gli dei dell'Ade a restituire alla luce la scomparsa ninfa Euridice.


Durante il periodo arcaico, dalle origini al VI secolo a.C., la musica era praticata solamente da professionisti: gli aedi e i rapsodi. Questi declamavano i miti accompagnandosi con uno strumento musicale tramandando oralmente la musica. In seguito, durante il periodo classico, dal VI al IV secolo a.C., la musica entrò a far parte del sistema educativo venendo così divulgata. A questo periodo risalgono pochissime fonti di grafia musicale che erano esclusivo patrimonio dei professionisti, in quanto la musica veniva, come abbiamo già accennato, tramandata oralmente. Sempre nel periodo classico si sviluppò la tragedia. I soggetti della tragedia erano presi dai miti letterari e consistevano in dialoghi tra due o tre personaggi alternati da canti corali. Gli attori erano tutti uomini, indossavano maschere e recitavano con l'accompagnamento della musica. L'impianto architettonico del teatro era costituito da una gradinata a semicerchio che ospitava il pubblico, di fronte al quale era presente un palco sul quale si esibivano gli attori, mentre tra la gradinata e il palco era presente un'orchestra insieme ad un coro.


Il primo è segnato dalla modesta presenza, a Roma, della musica di origini etrusche o italiche, abbinata anche a spettacoli indigeni quali l'atellana e il fescennino. Risale a questa prima fase la diffusione di strumenti di metallo di impiego militare: la buccina di forma circolare, il lituus a canneggio diritto con il padiglione ripiegato all'indietro, la tuba di bronzo a canna diritta. I tempi successivi furono caratterizzati dal fatto che i romani conquistarono la Grecia e portarono a Roma, in grande quantità, musicisti, intellettuali, artisti e filosofi greci. L'intero sistema culturale romano fu condizionato da quello greco, anche dal punto di vista musicale, ma con sostanziali differenze. Dal punto di vista drammatico ci saranno tragedie e commedie modellate su quelle greche, ma con la differenza che verranno chiamate diversamente: coturnae quelle greche, perché gli attori greci stavano in coturni (calzari), mentre monodici e corali di carattere rituale erano considerati essenziali nelle solennità pubbliche quali i rioni, nelle feste religiose, nei giochi, infine, le palliate, quelle romane, perché i romani indossavano un abito, il pallio.


La musica romana ereditò dal mondo greco il sistema musicale, gli usi, le forme e la teoria. Rispetto alla semplice raffinatezza della musica greca, eseguita con pochi strumenti per accompagnare il canto, la musica dei romani fu indubbiamente più vivace, mescolata con elementi di origine italica, ed eseguita con grandi complessi in cui doveva esserci la massiccia la presenza di strumenti a fiato: la tibia, la buccina, il lituus, la tuba. Si faceva anche uso dell'organo idraulico e di numerosi (e rumorosi) strumenti a percussione. Si può pertanto desumere che la musica a Roma fosse assai popolare e che accompagnasse sempre molti spettacoli tra cui la pantomima e gli spettacoli dei gladiatori. Mentre per i greci la musica era una componente fondamentale dell'educazione, i romani ne avevano un'opinione molto inferiore, associandola a feste e divertimenti piuttosto che alla formazione del vir.


La diffusione del cristianesimo, e quindi del canto cristiano, ebbe un ruolo decisivo nella storia della musica occidentale. La musica corale ha origine dal canto cristiano dei primi secoli. Nelle sacre scritture si legge che il canto fosse una pratica comune anche nei riti della religione ebraica: lo stesso Cristo, insieme ai suoi discepoli viene ritratto come un cantore:


Poiché la notazione musicale emergerà solo nel corso del XII secolo, il canto cristiano dei primi secoli ci è completamente ignoto, e ciò che se ne sa, deriva in gran parte da supposizioni. La sua presumibile derivazione dal rito ebraico fa presumere che la liturgia dei primi secoli fosse fondata sull'intonazione di forme melodiche tradizionali costruite attraverso variazioni molto piccole[11] e in cui il ritmo era derivato dal ritmo verbale della liturgia (questo procedimento è anche detto cantillazione). Inoltre si può supporre che la condizione di clandestinità in cui la religione cristiana era praticata favorisse il sorgere di molte varianti del rito e quindi dell'accompagnamento musicale di riferimento.


La trasmissione della musica avveniva a questo punto per tradizione orale, e attraverso scuole di canto, la cui presenza presso i maggiori centri di culto è attestata fino dal IV secolo. Oltre alla scuola di provenienza, è probabile che anche l'improvvisazione e l'abilità del singolo cantore determinassero in larga parte la musica d'uso liturgico.


Agli inizi del VI secolo, esistevano in Occidente diverse aree liturgiche europee, ognuna con un proprio rito consolidato. Tra i principali, ricordiamo il rito vetero-romano, il rito ambrosiano a Milano, il rito visigotico-mozarabico in Spagna, il rito celtico nelle isole britanniche, il rito gallicano in Francia, il rito aquileiese nell'Italia orientale, il rito beneventano nell'Italia meridionale. La tradizione vuole che alla fine di questo secolo, sotto il papato di Gregorio I (590-604) sia stata avviata definitivamente l'unificazione dei riti e della musica dai quali dipende.


Il prodotto dell'unificazione di due dei riti principali quello vetero-romano e quello gallicano fu codificato nel cosiddetto antifonario gregoriano, che conteneva tutti i canti ammessi nella liturgia unificata. Questa unificazione classificò i brani di musica sacra in uso secondo un sistema di modi, ispirati - almeno nei nomi - ai modi della tradizione greca: dorico, ipodorico, frigio, ipofrigio, lidio, ipolidio, misolidio, ipomisolidio.


La riforma gregoriana introdusse, nelle scuole di canto delle origini, lo studio dei testi al posto della trasmissione orale, sacrificando diverse particolarità regionali, alcune delle quali, specialmente quelle di derivazione mozarabica, particolarmente ricche, all'intonazione microtonale, particolarità che esisteva ancora nel rito vetero-romano, ed al ruolo dell'improvvisazione. Allo stesso tempo si creò la necessità di "annotare" i testi scritti in modo da aiutare i cantori ad eseguire musiche sempre nello stesso modo, attraverso una linea melodica che indicava la direzione, ascensionale o discensionale. Quest'esigenza fece nascere segni particolari, i cosiddetti neumi, pare nati dai gesti del direttore del coro, che, annotati tra le righe dei codici, rappresentavano l'andamento della melodia, come già detto, ma lasciando liberi intonazione e ritmo. La scrittura neumatica divenne così la prima forma di "notazione" - dalla quale ebbe origine la "nota" musicale moderna.


Bisogna infine ricordare che in Inghilterra nacque un tipo di polifonia molto diversa da quella del continente europeo, che ammetteva, enfatizzandoli, gli intervalli di terza e sesta, considerati dissonanti sul continente. Questa tendenza, espressa in composizioni a due o gymel e tre voci o falso bordone, avrebbe in seguito influenzato la musica fiamminga poi diffusosi in tutta l'Europa, diventando la base della musica occidentale che si basa sulle triadi e gli intervalli di terza.


A questo procedimento di memorizzazione Guido diede il nome di solmisazione. Negli anni che seguirono il tetragramma di Guido d'Arezzo, in origine dotato di un numero variabile di linee, si sarebbe stabilizzato su cinque linee, assumendo il nome di pentagramma, e la nota Ut avrebbe mutato il suo nome in Do ponendo le basi della notazione musicale moderna.


Dal punto di vista della sua conservazione la musica fu doppiamente svantaggiata. Da una parte soffrì, fino all'invenzione del torchio a stampa, della sorte comune a tutto il materiale che doveva essere tramandato in forma scritta, cioè della rarità del materiale, dei mezzi e delle capacità di tramandarlo. A ciò si aggiunse la mancanza di una notazione che permettesse di scrivere la musica in maniera univoca, cui si giungerà compiutamente solo attorno al 1500.


A queste circostanze pratiche, si aggiungevano pregiudizi di carattere culturale, risalenti addirittura alla concezione Greca, che individuavano nella pratica musicale una parte nobile, collegata alla parola, e una artigianale, collegata al suono strumentale. La seconda veniva relegata in secondo piano e, nella sua funzione di servizio, lasciata ai musici professionisti, sempre di origine non nobile: questo equivaleva a dire che la musica popolare era affidata esclusivamente alla trasmissione orale, per cui per noi è completamente perduta. Le poche melodie giunte sino a noi, lo hanno fatto spesso intrufolandosi in composizioni considerate degne di essere tramandate, spesso in parti della messa: è questo il caso della melodia detta, L'homme armé e, successivamente, della melodia detta, La Follia. Solo in epoca moderna la musica popolare inizierà ad essere considerata degna di essere tramandata. 041b061a72


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